Monday, November 14, 2011

videocrasia

Nella dibattito che Enrico Mentana ha condotto ieri sera prima della proiezione del film Videocracy, egli ha discusso con i giornalisti Aldo Cazzullo e Massimo Giannini delle manifestazioni davanti al Quirinale quando Berlusconi è andato a presentare le sue dimissioni a Napolitano.
Cazzullo aveva scritto un pesante editoriale sul Corriere in cui condannava tali manifestazioni. Sorvolava invece sui ben più indecenti atteggiamenti e gestacci dei politici nella stessa circostanza.
Giannini ha invece sostenuto che si trattasse di una manifestazione fisiologica e non particolarmente deprecabile.

Del dibattito mi ha colpito invece la mancanza di logica nei ragionamenti di Mentana e Cazzullo.
I dimostranti di sabato venivano assimilati a quelli del finale del Caimano, che erano invece l’opposto, una sommossa violenta scatenata dal premier condannato in tribunale.
In piazza c’era invece un’orchestra e un coro che manifestava gioia cantando l’Hallelujah di Handel, una manifestazione del tutto pacifica, come ammettevano gli stessi giornalisti che la criticavano.
Cazzullo si lamentava che la polizia avesse dovuto chiudere la zona: come se questo fosse una prova di violenze in corso.

Ma il ragionamento più assurdo era quello di Cazzullo che diceva che bisognava stare attenti alle critiche, perché non è detto che Berlusconi sia finito.
Quindi non si può criticare liberamente per timore di possibili rappresaglie?
È questo il comportamento che i nostri giornalisti consigliano di tenere in una democrazia?
Non sottende questo l’assuefazione ad un regime, di cui bisogna avere paura?
E non è proprio questo ciò che abbiamo imparato di Berlusconi, che è spietato contro i nemici, che comprendono giornalisti come Biagi, Santoro, Luzzatti, attori satirici come la Guzzanti e politici come Dotti, Scognamiglio, Casini e Fini e chiunque altro abbia osato opporglisi?

Gli ingenui giornalisti ci hanno invece ancora una volta spacciato l’immagine di un Berlusconi che vuole essere amato e piacere a tutti: tutti quelli che gli si inchinano.
E i giornalisti ci invitano a inchinarci, anziché a tenere la schiena dritta come chiedeva Montanelli.

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